La poetica di Giancarlo Frisoni racconta la vita che nasce dalla terra, dai campi, dove si può leggere una sapienza che non è libresca e, tuttavia, nasce da un intuito profondo, come in un’esperienza vissuta nella dimensione primordiale, quasi fuori dal tempo eppure consapevole del tempo scandito dalla natura.
Un racconto senza parole che l’artista poeta si sforza di cercare, per dire ciò che è già detto fin dai primordi dell’Essere, ma va raccontato a chi non l’ha visto, a chi non riesce a percepirlo perché troppo occupato dal rumore moderno delle tecnica.
La natura aorgica è potenza infinita, imprevedibile, panica.
Frisoni è poeta prima che artista, Frisoni è contadino prima che poeta, Frisoni è uomo semplice che riesce a esprimere la complessità e il magmatismo della natura, con la finezza che può manifestare solo chi ha il dono di ascoltare l’eco del sublime. L’artista ha prodotto le sue opere giocando con l’elegia armoniosa degli impasti e la loro diafana ma intensa espressività. Ha lasciato che i colori e i materiali poveri utilizzati dessero agli spazi una luce che ricorda lontane dissolvenze della memoria.
La memoria è un tema particolarmente sentito da Frisoni che fa della sua vita una costante ricerca di una traccia cosmica di colore, di essenze, di materie, di un caos apparente che si riconduce nell’alveo di una forma che abbraccia il tutto.
E dal tema della memoria, che prende forma in un poetico equilibrio, è inscindibile dal senso della continuità.
Con il mio continuo lavoro cerco, in una presa di coscienza sempre più matura, di lasciare emozioni che vadano oltre, e continuino a vivere nel tempo.
L’artista vive l’estensione nel tempo, quasi oltre il tempo stesso, esperendo “una tenerezza per le cose del mondo” che lo sollecita a “salvare” i materiali attraverso la trasformazione del gesto artistico.
Le opere sono una tecnica mista affrescata su muro. Gli impasti sono formati da terre, polvere di vecchi intonaci, colle, gesso, materiali di recupero. E i colori ricavati da altrettanti naturali materiali: solfato di rame, polline di querce, petali tritati, succo di sambuco, zolfi. Dove non basta mi aiuto con pigmenti oppure ossidi, che uso anche per le velature.
E Frisoni riesce con un senso di “verità” a restituire quella poesia che proviene dalla terra alla terra medesima, attraverso le sue tele attraverso la sua stessa materia, i suoi colori, e le sue essenze.
Scrive Vincenzo Sanfo:
"Il lavoro di Giancarlo Frisoni è da connotarsi, a mio avviso, nell’ambito di un espressionismo astratto di matrice internazionale da cui Frisoni toglie il cote’ violentemente segnico per privilegiare l’aspetto più meditativo, ed emozionale, sul solco di artisti quali ad esempio mark Rothko, o il tedesco Bernd Zimmer.....
I Suoi dipinti, frutto di un meticoloso e lento lavoro sulla materia, evoca paesaggi e atmosfere dalla forte carica poetica e dalle coinvolgenti atmosfere. Artista che ha visto raggiungere un ampio consenso sul suo lavoro, dopo le fortunate partecipazioni alle Biennali di Venezia si colloca in un coefficiente commerciale con un moltiplicatore 2 che e a mio avviso destinato a salire nel tempo."
Vincenzo Sanfo
(curatore del Padiglione di San Marino della Biennale di Venezia 2015)