Nasce ad Altavilla Silentina, nel 1958, sorta di paese dionisiaco, tra cantine, asini, capre, pecore, cani e gatti randagi.
Un luogo pervaso dall’odore della legna e dei fuochi nell’inverno, dall’odore dei campi, dei sughi, dei pomodori appena colti in estate. Con i fichi secchi la povertà segna una vita tuttavia rigogliosa, una vita condivisa, tra il chiasso della tavola e i giochi dei bambini. Dalle porte aperte delle case uscivano gli odori delle salse. Sulle antiche porte di legno, non c’erano le chiavi, perché le chiavi stavano appese ai muri, come fossero un’opera d’arte, arrugginite, pesanti, enormi. Il paese era ebbro di vino, le cantine erano ovunque cariche di odore di vinaccia. Botteghe ovunque dove trovavi stoffe, sarti, calzolai con il loro nero odoroso di pece, pizzicagnoli, odori acri di formaggio, profumi di salumi, delicato odore di frutta secca. Su ogni davanzale macchie rosse di peperoncini, tra basilico, origano selvatico. V’erano stalle per ogni famiglia, quando ognuno aveva il proprio asino come mezzo di trasporto e la propria capra, tra odori forti di animali che davano persino piacere, lo sterco degli asini sotto il sole, tra i ciottoli di fiume dei vicoli paesani. E tra i covoni di fieno, come macchie gialle di paglie si nascondeva il rosso degli amori. Il segno stava già dentro l’artista, quando a otto anni, prese l’antiruggine del nonno che faceva il fabbro e sulle pietre di casa nostra scrisse: “THE ROLLING STONES”. Fu la prima provocazione istintiva. Il padre, muratore dalle robuste braccia, prese lo scalpello per togliere quei quindici metri di pittura rossa antiruggine dalla facciata della casa. Il pittore ha sempre amato la musica dei Rolling Stones, dei Kings, degli Who, dei Cream, di Jimi Hendrix. Si iscrisse all’Accademia di belle arti a Napoli e dalla città partenopea a Catanzaro ascoltava la musica Punk interpretando sempre i suoi espressionisti. Nel primo anno d’Accademia a Catanzaro frequentava le piazze “come fossi un cane randagio del mio paese”. Era libero, hippy.
Arrivò poi a Firenze in pieno periodo punk. A Roma fu Ferruccio Massimi, un grande organizzatore di mostre, editore, gallerista, che dedicò molto spazio al pittore su molti cataloghi e saggi d’arte. Mangone fu presente nella cartella di grafica “Elites Citoyen et Bourgeois” che conteneva venti opere di artisti tra i quali Gianfranco Baruchello, amico di Picasso e di Duchamp, Pino Reggiani, Tullio Catalano, Petrus, Nunzio e molti altri. L’opera era curata da Giulio Salierno e Mikis Teodorakis, il famoso musicista greco autore della colonna sonora del film “Zorba il greco” con Anthony Quinn.
E ancora con la mostra “Arte e Alcool” di cui parlò tutto il mondo. Ancora oggi a Formello, vicino Roma, è esposta un’opera di Mangone.
L’artista, dall’anima sia bucolica che metropolitana, si definisce un “attraversatore di città”. Il suo motivo conduttore è infatti la crasi “ATTRAVERSOCITTÀ”, con significato sia avverbiale che verbale.